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  • Immagine del redattorePaolo Corsi

MEGLIO SOLE CHE MALE ACCOMPAGNATE


Teatro Grenzland

MEGLIO SOLE DI MALE ACCOMPAGNATE

di Luisa Pachera - regia Daniela Vivori

Sabbionara (TN) - Teatro Parrocchiale - 5 maggio 2018


Una commedia che tratta un tema importante e serio con il sorriso sulle labbra, perché se meditare aiuta a prendere coscienza dei problemi, ridere aiuta a trovarne le soluzioni

Quando parla “l'altra metà del cielo”, e lo fa come lo fanno le protagoniste di questa piece teatrale, riesce difficile pensare che esista realmente anche un'altra metà, o perlomeno che questa appartenga allo stesso cielo. Si ha anzi la sensazione che la stessa definizione di “altra metà del cielo”, troppo svenevole e per di più coniata da un uomo, incontrerebbe poco gradimento nel gruppetto di agguerrite rappresentanti del mondo femminile, protagoniste di Meglio sole che male accompagnate, ultima produzione in ordine di tempo dell'associazione culturale Grenzland.

A ben guardare già il titolo è una presa di posizione: si può fare a meno degli uomini e in molti casi è proprio questa assenza la soluzione dei problemi. Lo è perlomeno per queste donne, vittime a diverso titolo di uomini insensibili, egoisti, superficiali, violenti. Qualche decennio fa avremmo sbrigativamente bollato questo testo come “femminista”, ma ora che, a dispetto delle tante conquiste sociali (o forse proprio in reazione a queste), ancora non si arresta l'ondata di violenze sulle donne, la commedia di Luisa Pachera invita a fermarsi un attimo a riflettere. Stranamente una commedia anziché un dramma, perchè, come sottolinea l'autrice, sarebbe stato fin troppo facile ispirarsi ad uno delle migliaia di casi di cronaca nera, per impattare sì le coscienze e sollevare un giusto sdegno, ma magari per non più della durata dello spettacolo. Siamo ormai assuefatti al male e indifferenti al racconto dei suoi orrori. Di qui la scelta di sorprendere, affrontando il tema con il sorriso sulle labbra, attraverso il racconto delle normali vicende e la routine delle attività quotidiane di un gruppo di donne, che tra chiacchiere e citazioni erudite, tirano le fila della loro esistenza per provare a ritrovare consapevolezza e fiducia. Il loro appare un monito postumo, che arriva da chi da certe esperienze ci è passato e presumibilmente non ha fatto ritorno, come stanno a suggerire alcuni simboli, come le ormai tristemente famose scarpette rosse, o le cornici con i ritratti delle protagoniste, che appaiono sulla scena.

Ma il messaggio rimane ostinatamente positivo. E' un invito a prendere in mano la propria vita, trovando in se stesse quell'energia che può governare il mondo, espresso infine in maniera forte e divertente nella haka maori, con la quale queste donne profondono coraggio e vitalità, chiudendo nel migliore dei modi lo spettacolo. E' vero che il messaggio è positivo, ma volendo puntualizzare è anche zoppo (o eccessivamente femminista, direbbe qualcuno): l'universo maschile non ne esce semplicemente sconfitto, ma addirittura condannato all'irrilevanza. Davvero dagli anni '70 in poi non siamo riusciti a fare assieme nemmeno qualche piccolo passo in avanti?

Lo spettacolo fila via liscio, a buon ritmo, anche se in alcuni punti si percepiscono alcune forzature, dettate dall'urgenza di esporre concetti. L'ambientazione in un parco cittadino, su due panchine a ridosso di un boschetto, il tutto apprezzabilmente stilizzato, non richiede, nell'economia del racconto, particolari invenzioni registiche. Tuttavia la regia di Daniela Vivori propone alcune interessanti divagazioni dal realismo della narrazione, quali approfondimenti di indagine della situazione esistenziale di alcune delle protagoniste. L'azione è a dir il vero piuttosto compressa e subalterna al testo, complice forse, per l'occasione, anche la ristrettezza dello spazio. Ben centrate le caratterizzazioni dei personaggi, da parte di attrici di buon livello, con solo qualche inflessione diatettale che di tanto in tanto sfugge al controllo.

E' uno spettacolo in grado di offrire diversi livelli di approfondimento e perciò alla portata di tutti e da tutti usufruibile, sia che si voglia meditare profondamente su un grave fenomeno sociale come quello del femminicidio e della violenza sulle donne, sia che ci si accontenti di sorridere dei mali e malanni delle donne di ieri e di oggi, poiché in ogni caso, come si legge in locandina, ridere apre la mente e aiuta a pensare. Questo, evidentemente, il segreto del successo che Meglio sole che mal accompagnate sta raccogliendo sui palcoscenici trentini. di Paolo Corsi

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